da Lilia78 » martedì 17 febbraio 2015, 11:36
Caro Papa Francesco,
ho letto l’appello di Non Togliermi Il Sorriso a seguito delle tue parole del 4 di febbraio 2015 sulla figura paterna all’interno della famiglia. NTIS è un gruppo di papà e mamme che cercano di vivere il loro esser genitori con dedizione, amore e rispetto, sostenendoli in un compito che, per motivi diversi, può essere non facile.
Voglio dapprima ringraziarti per tutto l’entusiasmo, la luce e la speranza che stai portando a persone come me, aiutandole a scendere pian piano dal sicomoro. Non ti risparmi e stai dando molto alla Chiesa.
Pure io sono rimasta sorpresa e turbata del fatto che tu abbia “sdoganato la sculacciata”, come repubblica.it ha voluto titolare il resoconto della tua udienza di quel giorno. Leggendo il tuo intervento, trovo tuttavia anche parole ben diverse: “I padri devono essere pazienti. Tante volte non c’è altra cosa da fare che aspettare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza, magnanimità, misericordia”. Perché allora cedere alla tentazione delle botte, con il rischio di danneggiare seriamente il proprio bambino ed entrare con lui in una spirale di violenza da cui escono tutti perdenti? Può accadere di cedere alle botte e di questo bisogna parlare. L’uomo è fragile. È anche possibile rimediare e imparare a comunicare diversamente. Ma non si può fare di una debolezza umana una virtù.
Se penso al Vangelo, mi vengono spontaneamente in mente due situazioni. Una, da te citata, è quella del “figiuol prodigo” rispettivamente “padre misericordioso” (Lc 15,11-32) – a fatica riesco a immaginare un esempio più luminoso di genitorialità: lasciar fare al proprio figlio le sue esperienze, lasciarlo andare, lasciarlo maturare, con fiducia, lungimiranza e amore enormi e, infine, lasciar spazio alla gioia del ricongiungimento, superando il dolore provato. La seconda situazione è il ritrovamento di Gesù da parte di Maria e Giuseppe (Lc 2, 41-50). Dopo tre giorni di ansia per la scomparsa del figlio dodicenne, al rivederlo nel tempio loro rimangono “stupiti”. Maria prende la parola, mentre Giuseppe preferisce rimanere in silenzio: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Sono parole prive di rabbia, prive di violenza; esprimono con rispetto, limpidità ed autenticità la loro posizione di genitori ed i sentimenti da loro provati. È bello riuscire a comunicare in questo modo; mi piacerebbe essere il più possibile in grado di farlo…
Ecco i pensieri che vengono a me, semplice mamma in cammino.
Ringrazio per l’attenzione.
Lilia