Le basi della pace sono dentro ai bambini
In occasione della Giornata Internazionale della Pace del 21 settembre 2008, è bene riflettere su di una frase del preambolo costitutivo dell'UNESCO: "Le guerre nascono nello spirito degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere innalzate le difese della pace." In apparenza una bella formula, ma che nasconde due realtà fondamentali.
La prima è che le "difese della pace" non devono essere "innalzate" nello spirito degli uomini, perché esse vi si trovano già dalla loro nascita - molto semplicemente perché siamo animali sociali in qualche modo programmati per vivere insieme.
La prima di queste difese si chiama attaccamento. Il bambino nasce con un sistema innato, dentro al cervello, che lo porta a cercare di attaccarsi alla madre, poi a tutti gli esseri umani che gli manifestino dell'interesse e che lo proteggano. Questo sistema, vitale per lui, risponde al fatto che l'organismo del bambino, che nasce prematuro, "sa" in qualche modo che non può sopravvivere se non viene accudito dagli adulti. Per tutto un insieme di comportamenti - pianti, sguardi, braccia tese, sorrisi - il bambino cerca di attaccarsi agli adulti. Questo attaccamento iniziale, quando funziona bene, è una solida base, un prototipo per le relazioni future del bambino, che acquisisce così fiducia in sé, poiché è riuscito a far sì che ci si occupi di lui, e a fidarsi degli altri, poiché vede che ci si interessa a lui e lo si protegge. Ora, queste relazioni di fiducia sono le basi della pace.
Il neonato porta dentro di sé anche un altro sistema, altrettanto vitale, che gli permette di condividere le emozioni altrui. Al suo stadio più elementare è questo sistema che fa sì che, quando un neonato piange in un reparto maternità, tutti gli altri bambini si mettano a piangere. E' lo stesso sistema che, nel mondo animale, fa sì che al grido d'allarme e al volo di un uccello possa supporsi un pericolo, tutti gli altri uccelli prendano il volo. A uno stadio più elaborato, questo sistema permette d'interpretare le emozioni degli altri a partire dalla loro mimica o dal loro comportamento, e dunque di rivelare una minaccia o un invito alla relazione. Questo sistema è infine e soprattutto la base della compassione e dell'umanità oltre che valore morale. Bisogna condividere le emozioni degli altri, capire la loro sofferenza e quindi, se abbiamo potuto crescere normalmente, evitare di farli soffrire, perché facendoli soffrire, soffriamo con loro. Esseri umani in cui abbia potuto svilupparsi l'empatia sono incapaci di ferire, di uccidere, e a maggior ragione di torturare uno dei loro simili. Al contrario, la loro empatia li spinge ad aiutare, a soccorrere gli altri.
Terzo sistema e terza base potenziale della pace: l'imitazione. I bambini sono degli imitatori nati. Hanno, abbiamo tutti, nel cervello dei neuroni che sono stati chiamati "neuroni-specchio", che registrano tutti i comportamenti che vediamo e ci preparano a riprodurli. Questa imitazione non è volontaria, è automatica. Per il bambino, tutti i comportamenti a cui assiste sono degli inviti all'imitazione. Se ha la fortuna di avere attorno a sé degli adulti che vivono in armonia e che sanno risolvere senza violenza i conflitti che sorgono tra di loro, porterà questo sapere inscritto nel suo sistema nervoso e sarà capace spontaneamente di relazioni armoniose e di riconciliazione.
Così, quando queste tre basi della pace potranno ancorarsi solidamente, dalla loro infanzia, nello spirito della maggioranza degli adulti di una società, la società diverrà capace di risolvere in modo intelligente i conflitti quando essi si presenteranno, perché questi adulti conosceranno il valore del legame tra le persone, proveranno compassione verso gli altri, e avranno acquisito i comportamenti necessari alla soluzione dei conflitti.
Ma la bella formula dell'UNESCO nasconde una seconda realtà: se ci si sente obbligati ad "elevare" nello spirito degli uomini le "difese della pace",sono le difese innate della pace che si trovano ad essere alterate, ossia distrutte, dal tipo di educazione più universalmente espansa, cioè a dire la violenza, le punizioni corporali e le umiliazioni.
Quando si picchia un bambino, si perverte la sua volontà di attaccamento introducendo la violenza, gli si insegna che è normale picchiare chi si ama. E a maggior ragione, certamente, chi non si ama. Ed ecco distrutta non solo una delle più solide difese della pace, ma anche il principio più basilare della morale: "non fare agli altri ciò che non vuoi gli altri facciano a te", principio che bisognerà in seguito reinculcare laboriosamente nel bambino e di cui ci si rammaricherà che egli non lo pratichi come dovrebbe.
Quando si picchia un bambino, o quando gli si infliggono altre punizioni dolorose, lo si obbliga a difendersi contro la sofferenza per arrivare a "parare il colpo". E' quel che riesce a fare un bambino che risponde ad uno schiaffo o ad uno sculaccione con un "Non mi ha fatto male!". Ma la disgrazia è che blindandosi anche contro le proprie sensazioni, le proprie emozioni, si diventa ugualmente insensibili alle emozioni degli altri e capaci di far loro subire qualsiasi trattamento senza provare più niente, da cui la capacità di torturare un proprio simile. Ed ecco distrutta l'empatia, la seconda delle più solide difese della pace.
Infine, quando si picchia un bambino, la prima cosa che gli si insegna non è ad essere saggio o a compiere il suo dovere, ma a picchiare, perché i suoi neuroni-specchio hanno registrato automaticamente il gesto dell’adulto modello. Ed ecco distrutta non solo una delle difese della pace, l’imitazione dei comportamenti di riconcilaizione, ma anche instillai nei comportamenti del bambino i gesti stessi della violenza, dotati in più del prestigio del comportamento dell’adulto. Essere adulto è essere dalla parte del più forte.
In altre parole, prima di pensare ad “elevare le difese della pace nello spirito degli uomini”, è urgente rinunciare a delle pratiche educative che distruggono le capacità innate dei bambini di divenire uomini di pace. Propongo dunque una correzione della formula del preambulo dell’UNESCO: “Le guerre nascono nello spirito degli uomini quando questi non sono stati rispettati nella loro infanzia, è attraverso il rispetto dei bambini e delle basi della pace di cui essi sono portatori che si renderà la pace possibile”. Olivier Maurel, presidente dell'Osservatorio della Violenza educativa ordinaria (OVEO).