Sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo: violazione dei diritti della famiglia affidataria
Traduciamo e pubblichiamo una recentissima sentenza della Corte Europea per i diritti dell’Uomo, che si è pronunciata qualche giorno fa su di un ricorso presentato da una coppia italiana che aveva chiesto di poter adottare una bambina, abbandonata qualche giorno dopo la nascita dalla madre naturale e a loro affidata temporaneamente, ricevendo un rifiuto dai giudici italiani di primo e secondo grado. La bambina, a 19 mesi di vita, era stata portata via con l'aiuto della forza pubblica e data in adozione a un'altra coppia.
La pronuncia della Corte Europea riveste una grande importanza in quanto la stessa ha stabilito la violazione, da parte dei giudici italiani, degli interessi della minore e della coppia ffidataria, non avendo questi tenuto in alcuna considerazione i legami famigliari nel frattempo venutisi a creare tra i soggetti.
Tutto questo richiama e rende sempre più attuali ed importanti i testi da noi già pubblicati: L'adozione e la ferita dell’abbandono e la Lettera aperta a chi decide il destino dei bambini.
Speriamo che, se non già il legislatore coi suoi tempi biblici, almeno i Tribunali e le Corti di merito e di Cassazione, attraverso una modifica dell’orientamento giurisprudenziale in materia, comincino ad avere un occhio di riguardo soprattutto per il benessere fisico, emotivo e psicologico di questi bambini, già abbastanza traumatizzati dall’abbandono o dalla morte dei genitori (sempre, ove possibile, valutando ogni caso singolarmente).
Il simbolico risarcimento economico riconosciuto alla coppia rappresenta comunque la prova tangibile di una violazione dei diritti fondamentali dell’Uomo da parte della giustizia italiana, che speriamo venga incentivata a valutare caso per caso e in tempi rapidi eventuali simili richieste da parte di coppie affidatarie, evitando così altri traumi e altri abbandoni a questi piccoli esseri umani, che spesso hanno meno diritti – e meno voce in capitolo – degli adulti.
Chiara Pagliarini, NTIS
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
N. 345 del 27.04.2010
Comunicazione del cancelliere
Sentenza della camera
Non definitiva (1)
Moretti e Benedetti, Italia (ricorso n. ° 16318/07)
CARENZE IN UNA PROCEDURA DI ADOZIONE: MANCATO RISPETTO DEI DIRITTI DELLA FAMIGLIA AFFIDATARIA
Violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e famigliare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo
Fatti principali
I ricorrenti, Luigi Moretti e sua moglie Maria Brunella Benedetti sono cittadini italiani, nati rispettivamente nel 1966 e nel 1959, e residenti a Lugo di Ravenna (Italia). Vivevano con la loro figlia e un bambino adottato dalla sig.ra Benedetti. Avevano già avuto in affido temporaneo dei bambini, che poi erano stati adottati da altre famiglie.
Con un decreto urgente del 20 maggio 2004, una neonata, A., che la madre aveva abbandonato qualche giorno dopo la nascita, fu temporaneamente a loro affidata per decisione del tribunale per un periodo di cinque mesi, in seguito prolungato fino a dicembre 2005. Nel frattempo, venne avviata una procedura per dichiarare A. adottabile.
Il 26 ottobre 2004, i ricorrenti presentarono una domanda di adozione speciale di A., domanda reiterata nel marzo 2005, vista la mancata risposta [alla precedente domanda, n.d.t.]. Nel frattempo, il giudice aveva dichiarato adottabile la bambina. Il 19 dicembre 2005, la custodia di A. venne affidata ad una nuova famiglia per l’adozione, decisione che non fu notificata ai richiedenti. Lo stesso giorno, la bambina venne allontanata dalla casa dei ricorrenti, con l'aiuto della forza pubblica.
Il tribunale respinse la domanda di adozione dei sig.ri Moretti e Benedetti, motivando che nel frattempo era stata scelta un'altra famiglia, tenendo conto dell’interesse principale del minore. La corte d'appello adita dai ricorrenti annullò il decreto del tribunale, rilevando in particolare un difetto di motivazione e sottolineando che la domanda di adozione dei ricorrenti avrebbe dovuto essere esaminata prima di dichiarare adottabile la bambina e di scegliere una nuova famiglia. Una consulente nominata dalla Corte d'Appello concluse che la bambina manifestava attaccamento ad entrambe le coppie in causa, ma che sembrava ben integrata nella nuova famiglia. Il 27 ottobre 2006, la Corte d'Appello dichiarò che non era opportuno procedere ad una nuova separazione che avrebbe rischiato di traumatizzare la bambina. L'adozione di A. è divenuta definitiva ad una data non precisata.
Ricorsi, procedura e composizione della Corte
Invocando in particolare l'articolo 8, i ricorrenti hanno sostenuto che l'applicazione della legge e delle regole di procedura nel trattare la loro domanda di adozione era risultata errata.
Il ricorso è stato depositato presso la Corte Europea dei diritti dell'uomo 13 aprile 2007.
La sentenza è stata pronunciata da una Camera di sette giudici composta da:
Francoise Tulkens (Belgio), Presidente,
Ireneu Cabral Barreto (Portogallo),
Vladimiro Zagrebelsky (Italia),
Danutė Jočienė (Lituania),
Dragoljub Popovic (Serbia),
András Sajó (Ungheria),
Isil Karakas (Turchia), giudici,
nonché Sally Dollé , cancelliere di sezione.
Decisione della Corte
Per quanto riguarda la legittimazione ad agire dei ricorrenti dinanzi alla Corte in nome e per conto di A., la Corte rileva che il signor Moretti e la signora Benedetti non esercitano alcuna patria potestà sulla bambina, che le loro procedure di adozione non sono state accolte e che non è stata sottoscritta alcuna procura a rappresentare gli interessi di A.. Quindi essi non hanno le necessarie qualifiche giuridiche per rappresentare gli interessi legali della bambina. La parte della domanda presentata per conto di A. è respinta, in quanto incompatibile con le disposizioni della Convenzione.
La Corte ricorda che l'esistenza di una "vita famigliare" ai sensi dell'articolo 8 non si limita ai rapporti fondati sul matrimonio, ma può comprendere altri legami famigliari di fatto se esistono altri elementi di dipendenza oltre ai legami affettivi. Secondo questa, la determinazione del carattere famigliare delle relazioni di fatto deve tener conto di un certo numero di elementi, quali il tempo vissuto insieme, la qualità delle relazioni, così come il ruolo assunto dall’adulto nei confronti del bambino. La Corte rileva che i ricorrenti hanno vissuto con A. delle tappe importanti della sua vita per diciannove mesi e che la stessa è stata ben integrata nella famiglia, che vegliava sul suo sviluppo sociale. Considerando il forte legame stabilito tra i ricorrenti e la bambina, la Corte ha stabilito che tale legame rientrava nel campo della vita famigliare ai sensi dell'articolo 8.
L'articolo 8 non garantisce il diritto di adottare, ma non esclude che gli Stati possano avere, in determinate circostanze, l'obbligo di consentire la formazione di legami famigliari. Nel caso in esame, risultava essenziale che la domanda di adozione speciale avanzata dai richiedenti dovesse venire esaminata con attenzione in tempi brevi. La Corte infatti ricorda che, nelle questioni riguardanti la vita famigliare, il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili. È deplorevole che la domanda di adozione presentata dai ricorrenti non sia stata esaminata prima di dichiarare A. adottabile, e che sia stata respinta senza motivazione alcuna.
Non c’è dubbio che non spetta alla Corte sostituirsi alle autorità nazionali competenti in relazione alle misure che avrebbero dovuto essere adottate ed alla buona fede dei tribunali per salvaguardare il benessere di A.. Tuttavia, le carenze appalesatesi nello svolgimento del procedimento in questione hanno avuto un impatto diretto sul diritto alla vita famigliare degli interessati, di cui il rispetto effettivo non è stato assicurato dalle autorità. Di conseguenza, la Corte conclude, con sei voti contro uno, per la violazione dell'articolo 8.
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Ai sensi dell'articolo 41, la Corte stabilisce che l'Italia deve pagare congiuntamente ai due primi ricorrenti € 10.000 per danni morali ed € 5 000 per spese legali.
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La sentenza è pubblicata solo in francese. Redatto dal cancelliere, il presente comunicato non vincola la Corte. I testi delle sentenze sono disponibili sul suo sito web.
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La Corte europea dei Diritti dell'Uomo è stata istituita a Strasburgo dagli Stati membri del Consiglio d'Europa nel 1959 per conoscere le accuse di violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950.
(1) L'articolo 43 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo prevede che, entro tre mesi dalla data di pubblicazione di una sentenza della Camera, ogni parte in causa può, in casi eccezionali, chiedere il riesame del caso dinanzi alla Grande Camera (17 membri) della Corte. In questo caso, un collegio di cinque giudici valuta se il caso solleva una questione grave circa l’interpretazione o applicazione della Convenzione o dei suoi protocolli, o ancora una questione grave di carattere generale. Se risulta questo il caso, la Grande Camera pronuncia una sentenza definitiva. Se non è questo il caso, il collegio rigetta la domanda e la sentenza [della Camera, n.d.t.] diviene definitiva. In altre parole, le sentenze della Camera divengono definitive alla scadenza del termine di tre mesi o se le parti dichiarano che non richiederanno il rinvio del caso davanti alla Grande Camera.
Tutte le decisioni definitive sono trasmesse al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, che ne controlla l'esecuzione. Per ulteriori informazioni sulla procedura di esecuzione, consultare il sito coe.int.