Gabriella Falcicchio

Neonati strappati dal seno materno diventano adulti sradicati e violenti

Prefazione di NTIS

Si continua sempre a leggere di episodi di cronaca che danno la percezione che da noi, come già  in altri paesi, specie quelli anglosassoni (sempre per quel che riguarda il primo mondo), la violenza, soprattutto quella domestica, sia in continuo aumento. Non sappiamo se questo sia dovuto solo alla più rapida diffusione delle notizie, alla frequenza delle denunce o al fatto che le immagini che ritraggono questa violenza sono sempre più spesso disponibili a documentarla. Non lo sappiamo e credo difficilmente lo sapremo, ma penso che tutti, indistintamente, ci portiamo dentro questa sensazione di una violenza sempre crescente nella nostra società.

Se ne parla, se ne dibatte in diversi contesti e spessissimo le analisi dei cosiddetti «opinionisti», «tuttologi» lasciano l’amara sensazione della banalizzazione degli eventi. Sorvoliamo sui luoghi comuni che, solo per il fatto di essere pronunciati da persone con altisonanti titoli accademici, non perdono la loro vuotezza, semmai la trovano rafforzata dalla delusione di ascoltarli pronunciati da chi, magari, non ti aspetteresti così grossolano.

Ci fosse più spazio per analisi come quella che ci offre Gabriella Falcicchio credo sarebbe un primo significativo passo verso la risoluzione di molti dei problemi che affliggono oggi la nostra società, in special modo i nostri giovani.

Quello che ha scritto la dott.ssa Falcicchio avrei potuto scriverlo io, se ne avessi avuto le capacità. Lo dico solo perché ci tengo a sottolineare quanti punti in comune ci avvicinano, a cominciare dalla bibliografia da lei usata per la sua ricerca, che vede come punto di forza, almeno così sembra ai miei occhi, M. Odent con tutti i suoi testi, passando inoltre per F. Leboyer, M. Montessori, J. Rifkin, J. Bowlby, D. W. Winnicott, J. W. Prescott, nonché E. Balsamo, per giungere alle – forse meno note ma validissime, con i loro studi sul sonno dei bambini –  M. L. Tortorella e A. M. Moschetti, che spero presto ospiteremo sul nostro sito.

A parte i titoli accademici, dei quali so che non si fa alcun vanto nel suo essere persona semplice (ma voglio io ricordare che è docente di Pedagogia Interculturale all’Università  di Bari), quello che la dott.ssa Falcicchio scrive lo scrive in buona parte attingendo dalla sua esperienza di madre, una maternità, la sua,  in continuo evolvere e che, come per molti di coloro che qui leggono, si concentra soprattutto nell'accogliere i bisogni della propria bambina, nella convinzione che da quello, e solo da quello, il benessere di ogni essere umano tragga sostanza per alimentarsi. Spero che presto voglia parlarcene lei personalmente ed intanto vi invito a gustarvi l’esposizione di questa «tesi» che, al di fuori di certi ambiti, potrebbe correre il rischio di essere tacciata come: «fantasiosa».

Vito R. Torraco

Il connubio tecnologia-nascita si può far iniziare nell’epoca dei Lumi, quando la casta dei medici si impossessa del sapere delle levatrici, con il supporto di Stato e Chiesa. Per millenni la nascita era stata avvolta dalla penombra, sia nell’ambiente fisico del parto, isolato, caldo e poco illuminato, sia simbolicamente.

Caratterizzato, come tutti i saperi pratici, dall’accordo intimo tra vissuto personale e partecipazione al vissuto altrui, il sapere della levatrice non era “chiaro” e standardizzato, così come la gravida non era oggetto di “osservazione”. Inoltre l’evento nascita era oscuro agli uomini, perché condiviso dalla sola comunità femminile, forte di una padronanza assoluta in un campo in cui i maschi erano tenuti fuori. La modalità sensoriale prevalente nella tradizione prescientifica è l’ascolto.

Info
Scritto da: 

Gabriella Falcicchio, ricercatrice dell'Università di Bari

Condividi contenuti