Perché i bambini piccoli protestano quando è ora di dormire: una storia di disadattamento evolutivo

I mostri sotto al letto sono reali.

Di solito, nella nostra cultura, i neonati e i bambini piccoli protestano quando è ora di andare a letto. Inventano scuse di ogni sorta. Dicono di non essere stanchi quando invece lo sono in modo evidente. Dicono d’aver fame, o sete, o bisogno di ascoltare una storia (e poi un’altra ancora) – qualunque cosa pur di temporeggiare. Ci dicono della loro paura del buio, o di mostri nell’armadio o sotto il letto. I bambini piccoli che ancora non parlano, che non possono ancora descrivere le loro paure o provare a negoziare, semplicemente strillano.

Perché tutte queste proteste? Molti anni fa, il famoso psicologo comportamentale John B. Watson, sostenne, in sostanza, che tale comportamento è patologico e deriva dall’eccessiva indulgenza dei genitori e dal loro viziare i figli. [1] Retaggi di quella visione persistono ancora nei libri sulla cura del bambino, nei quali il consiglio tipico è che i genitori devono essere fermi sull’ora in cui si va a letto e non devono cedere. Questa, affermano gli esperti, è una lotta tra volontà, e voi, in quanto genitori dovete vincerla per evitare di viziare i bambini. 

Ma chiaramente a questa spiegazione degli esperti manca qualcosa. Perché i neonati ed i bambini scelgono di sfidare la volontà dei genitori su questo tema particolare? Non lo fanno per i giocattoli, o per la luce del sole, o per gli abbracci (almeno, non di solito); perché protestano al momento di andare a letto, quando dormire è una cosa chiaramente buona per loro e di cui hanno bisogno?

La risposta comincia ad emergere non appena lasciamo il mondo occidentale e iniziamo a guardare i bambini delle altre parti nel mondo. La protesta all’ora della nanna è esclusiva del mondo occidentale e delle culture occidentalizzate. In tutte le altre, i neonati e i bambini dormono nella stessa camera e di solito nello stesso letto di uno o più adulti che si prendono cura di loro, e la protesta prima di dormire è inesistente. [2] Ciò contro cui i bambini ed i neonati protestano non è, a quanto pare, l’andare a letto di per sé, ma andarci da soli, al buio, di notte. Quando i non occidentali vengono a conoscenza della pratica di mettere i bambini a letto in camere separate da quelle dei genitori, spesso senza nemmeno un fratello più grande, rimangono scioccati. «Poveri piccoli!» dicono. «Come possono essere così crudeli i loro genitori?» A rimanere più sbigottiti sono i popoli che vivono in comunità di cacciatori-raccoglitori, poiché intuiscono facilmente perché i bambini lasciati soli al buio protestano.[3]

Fino a soli 10.000 anni fa eravamo tutti cacciatori-raccoglitori. Vivevamo tutti in un mondo dove qualunque bambino piccolo lasciato solo, al buio, sarebbe stata un’appetitosa merenda per i predatori notturni. I mostri sotto il letto o nell’armadio erano reali, si aggiravano nella savana o nella giungla, fiutando nei dintorni, non lontani dagli accampamenti dei gruppi umani. Una capanna d’erba non costituiva una protezione quanto lo era invece la vicinanza di un adulto, o meglio ancora, quella di molti adulti. Nella storia della nostra specie, i neonati ed i bambini che, lasciati soli la notte, cominciarono a spaventarsi e a urlare per richiamare l’attenzione degli adulti, hanno avuto molte più probabilità di sopravvivere e trasmettere i loro geni alle generazioni future di quelli che accettavano placidamente il loro fato. In una cultura di cacciatori-raccoglitori solo un pazzo o una persona estremamente negligente lascerebbe un bambino piccolo da solo la notte, e al minimo cenno di protesta da parte del bambino, qualche adulto arriverebbe in suo soccorso.

Quando il vostro bambino grida perché è stato messo a letto da solo la notte, non sta mettendo alla prova la vostra volontà! Sta gridando, sul serio, perché ha cara la vita. Sta gridando perché noi tutti siamo geneticamente cacciatori-raccoglitori, e i geni di vostro figlio contengono l’informazione che starsene da soli al buio è un suicidio.

Questo è l’esempio del concetto di disadattamento evolutivo. Abbiamo qui una mancata corrispondenza tra le condizioni in cui vivevano i nostri antenati evolutivi, in cui la nostra consistenza genetica ha preso forma, e le condizioni in cui viviamo oggi. Nelle condizioni dei nostri antenati, un bambino solo di notte correva il serio pericolo di essere mangiato. Oggi no. Nelle condizioni dei nostri progenitori, nessun genitore sano di mente – o nonno, zio, zia o altro adulto membro della tribù – avrebbe mai lasciato dormire solo un bambino piccolo. Se un bambino fosse stato lasciato inavvertitamente troppo lontano da un adulto nel buio della notte, al suo pianto sarebbe stata offerta una risposta immediata. Oggi, in assenza di pericoli reali, la paura del bambino sembra irrazionale, quindi le persone tendono a credere che sia irrazionale e che il bambino debba imparare a superarla. Oppure, se leggono gli “esperti”, imparano che il bambino sta mettendo alla prova la loro volontà e comportandosi da “viziato”. E allora ingaggiano una battaglia contro i loro figli, piuttosto che ascoltare i bambini o i loro stessi istinti che dicono loro che ogni bambino che piange ha bisogno d’essere preso in braccio, tenuto stretto, che ci si prenda cura di lui, e non di essere lasciato solo a “cavarsela”.

Che ne facciamo di questo disadattamento evolutivo? In questo caso, ci si prospettano due alternative. Possiamo fare quel che consigliano gli “esperti” ed intraprendere una lunga battaglia tra volontà, oppure possiamo fare ciò che i nostri geni ci suggeriscono, e immaginare un qualche modo non troppo scomodo per lasciare che i nostri bambini dormano vicino a noi. Quando mio figlio era piccolo, molto tempo fa, quando ero studente laureando, la scelta era facile. Vivevamo in un monolocale, quindi non c’era modo di metterlo in un letto separato da noi. Per certi versi la vita è più semplice quando sei povero che quando puoi permetterti un appartamento o una casa con più di una stanza.

Che fate voi, o cosa avete fatto, con i vostri bambini all’ora della nanna?

È stato un problema? Come l’avete risolto? Sono particolarmente interessato alle esperienze di chi ha scelto – andando in contrasto con i consigli della maggioranza dei pediatri – di lasciare dormire i figli con sé. Come avete fatto (a far si che funzionasse)?

Note: [1] Watson, J. B. (1928). Psychological care of infant and child. New York: Norton. // [2] Barry, H., & Paxson, L. (1971). Infancy and earlychildhood: Cross-cultural codes, 2. Ethnology, 10, 466-508. // Morelli, G. A. et al. (1992), Cultural variation in infants' sleeping arrangements. Questions of independence. Developmental Psychology, 28, 604-613. // [3] Konner (2002). The tangled wing: Biological constraints on the human spirit (2nd ed.). New York: Holt.

 

Info
Scritto da: 
Peter Gray
Traduzione: 
river
Revisione: 
effi b.