Quando una persona cerca di controllarne un’altra, ci si può sempre aspettare qualche tipo di reazione da parte di quella controllata.
L’uso del potere coinvolge due persone in un particolare tipo di rapporto – una detiene il potere, e l’altra vi reagisce.
Questo fatto, apparentemente ovvio, spesso non viene preso in considerazione negli scritti dei sostenitori della disciplina. Invariabilmente, il bambino viene lasciato al di fuori della formula, omettendo qualunque riferimento al modo in cui il piccolo reagisce al controllo dei suoi genitori o insegnanti. E insistono: “I genitori devono porre dei limiti”, ma raramente dicono qualcosa su come i bambini rispondono alla negazione dei loro diritti.
“I genitori non devono temere di esercitare la loro autorità” consigliano, ma raramente parlano di come i più piccoli reagiscano alla coercizione basata sull’autorità. Tenendo fuori il bambino dall’interazione, i sostenitori della disciplina lasciano l’impressione che il bambino si sottometta sempre e comunque volentieri al potere degli adulti e che faccia esattamente quanto gli viene richiesto.
Queste sono reali citazioni tratte da molti libri per genitori che ho raccolto strada facendo:
Ciò che questi libri hanno in comune è la difesa dell’uso della disciplina basata sul potere, senza alcun riferimento a come i bambini vi reagiscano. In altre parole, i difensori della disciplina basata sul potere non la presentano mai interamente, ossia come un fenomeno di causa-effetto, un caso di azione-reazione.
Questa omissione è importante, poiché implica che tutti i bambini si assoggettino passivamente alle richieste degli adulti, perfettamente soddisfatti e sicuri in un ruolo ubbidiente, prima di tutto nelle relazioni con i loro genitori e insegnanti, e alla fine con tutti gli adulti detentori di potere che incontrano.
Tuttavia, non ho trovato uno straccio di prova a sostegno di questa visione. In realtà, come la maggior parte di noi ricorda fin troppo bene dalla sua infanzia, abbiamo fatto quasi di tutto per difenderci dal controllo basato sul potere. Abbiamo cercato di evitarlo, di rimandarlo, di indebolirlo, di scongiurarlo, di fuggire da esso. Abbiamo mentito, dato la colpa a qualcun altro, abbiamo fatto la spia, abbiamo implorato, supplicato per il perdono, promesso di non farlo mai più.
Abbiamo anche sperimentato come la disciplina punitiva sia imbarazzante, svilente, umiliante, paurosa e dolorosa. Essere costretti a fare qualcosa contro la nostra volontà era un insulto personale e un affronto alla nostra dignità, un atto che svalutava l’importanza dei nostri bisogni.
La disciplina punitiva è, per definizione, privare dei bisogni anziché soddisfarli. Ricordiamo che la punizione è efficace soltanto se sentita dal bambino come ostile, dolorosa, spiacevole. Quando chi controlla ricorre alla punizione ha sempre l’intenzione che essa provochi dolore o privazione. Sembra così ovvio, quindi, che i bambini non desiderino mai una disciplina punitiva, contrariamente a quanto i suoi sostenitori vorrebbero farci credere. Nessun bambino la “chiede”, ne “sente il bisogno” o ne è “riconoscente”. Ed è probabilmente vero, anche, che nessun bambino dimentica o perdona mai un genitore o un insegnante punitivo.
Ecco perché trovo incredibile che gli autori di libri “che danno potere ai genitori” cerchino di giustificare la disciplina basata sul potere con frasi di questo tipo:
Forse queste razionalizzazioni potrebbero essere destinate ad alleviare il senso di colpa che i responsabili provano dopo aver costretto o commesso atti di violenza fisica contro i loro figli? Sembra possibile, vista l’insistenza nel ripetere che l’adulto che punisce è in realtà un adulto che ama, che lo fa solo “per il bene del bambino”, o come atto doveroso di “leadership benevola”.
Sembra che l’essere duri con i bambini debba essere giustificato dicendo “sii duro ma equo”; Essere severi è accettabile purché si tratti di “Amore Severo”; Essere autoritari è giustificabile purché si sia “benevoli autoritari”; Costringere i bambini va bene, fintanto che non si diventi “dittatori”, e abusare fisicamente dei bambini non è considerabile come abuso se “è fatto con amore”.
L’insistenza dei sostenitori della disciplina sul fatto che le punizioni siano benefiche e costruttive potrebbe essere spiegata dal loro desiderio che i figli un domani si sottomettano a un Essere Supremo o ad una autorità superiore. E questo si può ottenere, secondo loro, soltanto se i bambini imparano prima di tutto ad obbedire ai loro genitori e agli altri adulti.
James Dobson (1978) sottolinea questo punto più e più volte: “Cedendo alla guida amorevole dei genitori, i bambini stanno anche imparando a cedere alla guida benevola di Dio stesso". “Per quanto riguarda l’educazione specifica del bambino volitivo, lievi sculacciate possono cominciare tra i 15 ei 18 mesi di età .... Per ripeterlo, al bambino dovrebbe essere insegnato ad obbedire e cedere alla guida dei genitori, ma tale obiettivo non potrà essere raggiunto in una notte”.
E’ la vecchia storia del credere che il fine giustifica i mezzi. Dapprima l’obbedienza all’autorità dei genitori, e a qualche più alta autorità in seguito, è considerata talmente importante da alcuni sostenitori della disciplina punitiva, che i mezzi che essi utilizzano per raggiungere tale fine vengono distorti tanto da apparire benefici ai bambini anziché dannosi.
La speranza che, alla fine, i bambini si sottometteranno a tutte le autorità è, a mio parere, un’illusione. Non tutti i bambini si sottomettono quando gli adulti cercano di controllarli. In realtà, i bambini rispondono con un’ampia varietà di reazioni, un’ampia gamma di comportamenti. Gli psicologi chiamano tali reazioni “strategie di coping”.
Le strategie di coping utilizzate dai bambini
Nel corso degli anni ho compilato un lungo elenco delle varie strategie di coping che i bambini utilizzano quando gli adulti tentano di controllarli. Tale elenco proviene principalmente dalle nostre classi di “Parent Effectiveness Training” (PET) e “Teacher Effectiveness Training” (TET), dove utilizziamo un esercizio semplice ma rivelatore. I partecipanti sono invitati a ricordare le modalità specifiche con cui essi stessi hanno contrastato una disciplina basata sul potere quando erano piccoli. La domanda produce elenchi di risposte quasi identiche in ogni classe, a conferma di come le strategie di coping dei bambini siano universali. L'elenco completo è riportato qui di seguito, in ordine sparso. Si noti quanto questi temi ricorrenti siano disparati. (Riuscite ad individuare le specifiche strategie di coping che utilizzavate da bambini?)
Come ci si potrebbe aspettare, dopo che genitori e insegnanti in classe fanno la loro lista, e si rendono conto che questa è stata creata dalla loro stessa esperienza, invariabilmente fanno commenti del tipo:
Dopo questo esercizio, alcuni genitori e insegnanti effettuano un cambiamento radicale nel loro modo di pensare. Vedono molto più chiaramente che il potere crea i modelli di comportamento che detestano maggiormente nei bambini! Cominciano a capire che, come genitori e insegnanti, stanno pagando un prezzo terribile per l’uso del potere: stanno facendo in modo che i loro figli o studenti sviluppino abitudini, tratti e caratteristiche considerati inaccettabili dalla maggior parte degli adulti e malsani da parte dei professionisti della salute mentale.
Collegamenti:
[1] http://www.naturalchild.org/guest/thomas_gordon.html
[2] http://nontogliermiilsorriso.org/forum/viewtopic.php?f=15&t=1027&start=0
[3] http://www.gordontraining.com
[4] http://www.nontogliermiilsorriso.org/drupal/category/autore-dellarticolo/thomas-gordon