Intervenire in difesa di un bambino in luogo pubblico - Parte 1

E’ affar nostro?

Lo vediamo ovunque. Un genitore stanco alla fine di una giornata stressante perde la calma e un bambino soffre. Vorremmo fare qualcosa, ma esitiamo. Sono faccende che ci riguardano? E se reagiamo mettiamo in imbarazzo e provochiamo il genitore, mettendo ancor più a repentaglio il bambino? Sbagliamo se diciamo con severità al genitore che deve trattare il figlio con gentilezza? È meglio passare facendo finta di niente? In fondo nessun genitore è perfetto.

Sembra ci sia un comune pregiudizio nella società, e cioè che intervenire in difesa di un bambino in un luogo pubblico debba necessariamente mortificare il genitore. Ma c’è una gran differenza tra una mortificante contestazione (“Come si permette di trattare così suo figlio?”) e un intervento che cerca di aiutare (“A volte non è facile stare dietro ai loro bisogni se si ha da fare, posso aiutarla in qualche modo?”). Intervenire non implica necessariamente modi offensivi. Agire per aiutare un genitore o difendere un bambino non è di per sé offensivo.

Sono intervenuta con successo in più occasioni: aiutando una madre a scegliere la verdura, aiutando un bambino a raccogliere i giocattoli che gli erano caduti, aiutando una mamma a vestire un bimbo irrequieto. Tutte le mamme erano sinceramente grate, mi hanno ringraziato per l’aiuto e hanno ricominciato subito a trattare i loro bambini con gentilezza. Porto sempre con me degli adesivi colorati: ho scoperto che distraggono un bambino annoiato, stanco o irrequieto, i cui genitori sono troppo affaticati e poco pazienti.

Quando un bambino è contento per il regalo inaspettato (non solo per l’adesivo ma anche per gli sguardi e le attenzioni affettuose che riceve) il genitore molte volte si sente più rilassato, addirittura rigenerato: possiamo intervenire in modo positivo comunicando che ci importa sia del bambino che del genitore.

Tante persone nella nostra società fanno una seconda supposizione comune, ossia che la scelta che abbiamo sia tra trasmettere un messaggio al genitore (e al bambino) e non trasmetterne alcuno. Però "non trasmetterne alcuno", di fatto, non è un'opzione. Noi trasmettiamo comunque un messaggio, sia passando solo davanti a un bambino affranto, sia intervenendo. Passandogli davanti, diamo al bambino il messaggio che a nessuno importa della sua sofferenza e ai genitori che approviamo le loro azioni.

Mi è stato chiesto se sono fautrice dell’intervento in ogni caso di potenziale comportamento lesivo, compresi, presumibilmente, i bimbi che hanno solo l'aria triste. Chiaramente non lo sono. Ma c'è una bella differenza tra un bimbo che piange apparentemente senza ragione e uno che invece è appena stato picchiato forte, insultato, o ignorato completamente.

Ma anche se un bambino piange per ragioni sconosciute, un genitore potrebbe tuttavia apprezzare il nostro interessamento. Una semplice offerta di aiuto, espressa cordialmente, non implica giudizi e, per quel che riguarda la mia esperienza personale, è sempre benvenuta. Quanto è negativo e dannoso il tabù che vieta di intervenire in pubblico impedendo ai genitori di aiutarsi l’un l’altro in situazioni difficili!

I bambini piangono per molte ragioni; di fronte solo a prove indiziarie non bisogna presumere che sia colpa dei genitori. D’altra parte io e miei amici siamo stati anche testimoni di gesti davvero dannosi: schiaffi, percosse, spintoni, strattoni, bambini sbattuti contro il muro, pesanti insulti verbali, appellativi sprezzanti, paragoni umilianti tra fratelli e altri comportamenti dello stesso livello. I bambini subiscono perché sono troppo deboli e privi di esperienza per difendersi. Dovremmo noi che siamo più grandi e saggi fare finta di niente? Fino a che punto si deve arrivare per intervenire? Dobbiamo aspettare che il bambino diventi vittima di un’aggressione fisica più pesante? Un’aggressione può avere tante forme. La violenza emotiva non lascia cicatrici sulla pelle, ma sfregia dentro un bambino. Chi tra noi è capace di riconoscere i comportamenti distruttivi ha l’obbligo di intervenire in modo gentile e soccorrevole.

C'è un altro motivo per cui si dovrebbe intervenire, su cui spesso si sorvola nelle discussioni, ma che io considero il più significativo: l'effetto a lungo termine che può avere sul bambino. Molti adulti nelle sedute di counseling rammentano ancora con gratitudine quella volta in cui un estraneo era intervenuto in loro favore, e quanto questo aveva significato per loro: che qualcuno gli era solidale e che i sentimenti di rabbia e frustrazione del bambino venivano riconosciuti e accettati. Questi adulti affermavano con me (e ad altri psicologi) che già questo interessamento aveva cambiato le loro vite e dato loro speranza. Vogliamo davvero perdere l'opportunità di fare una differenza così profonda nella vita di un bambino?

Anche nel malaugurato - e, ci auguriamo, raro - caso in cui il genitore si dovesse offendere, l'interessamento può sempre servirgli da promemoria per prestare più attenzione alla natura delle sue interazioni con il suo bambino.

Casi psichiatrici dimostrano con evidenza che gli adulti psicopatici di oggi sono i bambini feriti di ieri. Non possiamo usare una macchina del tempo per aiutare i bambini di ieri, ma possiamo aiutare i bambini di oggi a diventare adulti saldi e responsabili che tratteranno i propri figli con sensibilità, amore e dignità.

La parte 2 è disponibile al seguente link.

Info
Scritto da: 
Jan Hunt
Traduzione: 
Carlo Ruspa

Traduzione in collaborazione con SilviaD e Foglievive per parti che differiscono dai capitoli del libro tradotto in italiano Genitori con il cuore pubblicato da Il Leone Verde Edizioni. Per gentile concessione dell'editore.